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Parole della domenica: le Terme compiono 250 anni, un anniversario da non dimenticare

Parole della domenica: le Terme compiono 250 anni, un anniversario da non dimenticare

Nel 1773 nascevano le nostre Terme. Si tratta di una data che meriti di essere ricordata. Così, nel prossimo mese di settembre, sono previsti due incontri e un convegno. Sarà un modo per ricordare che il nostro passato viene da lontano e che merita di essere tutelato dalle istituzioni che spesso sono solite invece dimenticare.
Fare questo non farà cambiare le incertezze sul futuro delle Terme e della città, ma si spera che serva a riflettere e a fare prendere coscienza di quello che con unità di intenti (e non con le solite divisioni) dovremmo fare per il bene di Montecatini, che poi è il bene di tutti noi.

Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura a tutti quelli che ci seguono
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(a cura di Mauro Lubrani)

Addio Toto Cutugno: salutiamo un italiano vero 

Toto Cutugno (7 luglio 1943-22 agosto 2023)

A 80 anni se ne va il cantante “sanremese” per antonomasia: 13 Festival, uno vinto con “Solo noi” e sei secondi posti. 100 milioni di dischi venduti e la sua “L’italiano” è un inno.
Di canzoni Toto Cutugno, tra quelle per sé e quelle per tanti artisti italiani e internazionali, ne ha scritte oltre 400. Eppure, ora che non c’è più, le uniche parole che ci vengono in mente sono quelle del suo brano più famoso, L’italiano: « Lasciatemi cantare, con la chitarra in mano, lasciatemi cantare, sono un italiano». Un italiano, aggiungiamo, di quelli che hanno portato la melodia italiana in tutto il mondo.
Più volte protagonista di spettacoli anche a Montecatini, tra cui alcuni nelle trasmissioni Rai dal teatro Verdi.
Cutugno se ne è andatoall’ospedale San Raffaele di Milano dov’era ricoverato da tempo per l’aggravarsi di una lunga malattia. Aveva compiuto 80 anni lo scorso 7 luglio. Era nato nel 1943 a Tendola, frazione di Fosdinovo (in provincia di Massa Carrara) ma si era trasferito con la famiglia a pochi mesi di vita a La Spezia che lui considerava la sua terra d’origine.

La generazione che ha perso la speranza

Troppo facile prendersela con questi italiani che-non-hanno-più-voglia-di-faticare. Con questi nostri ragazzi che-non-sanno-cosa-sia-il-sacrificio. Con questo mondo, insomma, che sembra andare così tanto alla rovescia da farci titolare più o meno così: non manca il lavoro, mancano i lavoratori. Fino a tutto il primo decennio dei 2000 sarebbe sembrata una provocazione, una clamorosa bufala. Ricordo che sui giornali abbiamo iniziato a parlare con più costanza di questo fenomeno – ormai generazionale – a partire dall’estate del 2020. Era l’estate del Covid, e per la prima volta – in Italia come in buona parte del mondo industrializzato, Usa in testa – diventava evidente ed emergenziale l’assenza di specifiche figure dal mercato del lavoro.
Figure tecniche, meccaniche, legate all’hi-tech ma anche alle professioni mediche e infermieristiche. Si dette la colpa al virus e ai suoi travolgenti effetti collaterali nel tessuto stesso della nostra società.
Ma con la fine della pandemia le cose sono possibilmente peggiorate, tanto che a luglio 2023 la quota di lavoratori introvabili è salita al 47,9%.
Di chi è la colpa quindi? Davvero non abbiamo più voglia di faticare, come dicevano i nostri nonni?
Di certo, il lavoro ha smesso di essere attrattivo perché ha smesso di essere una garanzia rispetto alla possibilità di migliorare le nostre condizioni di vita.
I ragazzi di oggi non credono che invecchieranno più ricchi dei loro genitori, non credono che avranno pensioni all’altezza del loro sforzo produttivo, non credono dunque che saranno più felici, più solidi, più stabili di chi li ha messi al mondo.
Non credono che faranno una famiglia prima dei trent’anni, che compreranno una casa accendendo un mutuo, non credono che spendersi per un’azienda o per un datore di lavoro garantirà loro la soddisfazione di farli sentire cittadini adulti e realizzati. Di conseguenza, non credono più che il sacrificio sia un valore, talvolta un valore assoluto come lo è stato per le generazioni precedenti.
Lo spirito di sacrificio richiede ottimismo, oppure impellente necessità: oggi non ci sono nessuna di queste due condizioni.
La sensazione è che le ricette inventate finora per provare ad arginare un problema destinato a segnare i prossimi lustri, siano troppo timide e soprattutto ancorate a un mondo – il nostro vecchio mondo – ormai già scomparso e dal quale abbiamo ereditato davvero poco: non lo spirito, non i valori, non la speranza.
Agnese Pini – editoriale su “La Nazione” del 20 agosto 2023

Il Covid c’è ancora, parlano i dati

Sono 441 i nuovi casi di Covid registrati in Toscana nell’ultima settimana, con altri 14 decessi, nove uomini e cinque donne con un’età media di 83.2 anni. 
Quattro delle vittime erano residenti a Siena, tre a Firenze e Grosseto, due ad Arezzo, una a Prato e un’altra fuori Toscana; da inizio pandemia il totale dei decessi è 12.002.
Ad oggi sono ricoverate in ospedale 67 persone (12 in meno rispetto alla settimana precedente, -15,2%), nessuna delle quali è terapia intensiva.

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Naturalmente sul sito si trovano archiviate tutte le “Parole della domenica” a partire dalla numero uno ad oggi

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