Parole della domenica, il giorno del giudizio per le Terme
Il giorno del giudizio sta arrivando. E non è quello divino ma di un tribunale, che – il giorno 11 ottobre – dovrà decidere sulle istanze di fallimento delle Terme presentate da un pool di banche che vantano crediti per 27 milioni e dal collegio dei revisori dei conti. L’azienda, come suo ultimo atto, è decisa a chiedere un concordato in bianco, che bloccherebbe tutte le procedure per 60 giorni, in attesa della presentazione del concordato vero e proprio. Il piano dovrà essere esaminato da un commissario nominato dal tribunale, prima di ottenere un eventuale via libera.
La Regione, intanto, si è detta pronta a comprare il Tettuccio per evitare il fallimento delle Terme di Montecatini. L’annuncio è venuto dall’assessore Stefano Ciuoffo alla vigilia dello sciopero dei dipendenti sotto il palazzo della Regione.
Il Comune, che possiede il 33% delle quote delle Terme, è disponibile ad intervenire con due milioni per l’acquisto di uno stabilimento. Si parla della Torretta, in abbandono da diversi anni, o le Tamerici, negli ultimi tempi usato come polo culturale per mostre e incontri. I circa quindici milioni che dovrebbero finire nelle casse ormai vuote della società Terme dovrebbero servire a convincere il giudice ad accettare il concordato preventivo e scongiurare il fallimento.
Ma quello che ci viene da chiedere è se un’offerta di questo genere non poteva essere fatta con largo anticipo senza cioè la spada di damocle di un possibile fallimento. Regione e Comune poi potrebbero, ognuno per proprio conto, avere la possibilità di attingere ulteriori fondi statali o europei per la rimodernizzazione degli storici stabilimenti. L’egida dell’Unesco non deve rimanere solo un marchio di facciata, ma deve diventare un impegno per un vero rilancio delle Terme e di conseguenza della città.
I privati ancora interessati a rilevare le quote azionarie di maggioranza delle Terme sono rimasti in due: la società canadese Tayrona Capital Group, specializzata in investimenti turistici anche per altri clienti, e l’advisor inglese Infinet che rappresenta Oracle, un’altra società britannica.
Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona domenica a tutti quelli che ci seguono.
(a cura di Mauro Lubrani)
“Vita” di Pietro Annigoni lascia il Moca e torna all’Accademia
L’addio era certo dallo scorso maggio e adesso trova definitiva conferma: il grande dipinto “Vita” di Pietro Annigoni lascia definitivamente la galleria civica Moca, dove si trovava dal 2012, per tornare alla Fondazione ViVal Banca. Anzi, se fosse stato per il Comune, quel capolavoro (nel 2015 fu valutato 240mila euro, cifra che appare oggi riduttiva) sarebbe già stato rimosso da tempo.
“L’amministrazione – riportava la determina comunale del 30 maggio – ha manifestato l’intenzione di non rinnovare il comodato scaduto il 30 aprile e di restituire l’opera alla Fondazione ex Credito Valdinievole, come risulta da nota protocollo del 6 maggio con la quale è stata comunicata la volontà dell’ente”.
La Fondazione, in attesa dello smontaggio e trasporto, aveva concesso al Comune la possibilità di prorogare il comodato gratuito fino alla restituzione. Il 30 maggio l’accordo prevedeva la durata del comodato fino al 30 novembre. Ma recentemente l’ente ha manifestato “la necessità di provvedere con sollecitudine allo spostamento del Vita all’Accademia Scalabrino”. La Soprintendenza aveva già autorizzato il trasferimento.
A fine settembre è arrivata quindi la determina n° 745 per la restituzione. L’operazione è affidata alla ditta specializzata Alternativa srl di Calenzano per un costo di 2400 euro. Per l’assicurazione a tutela del bene durante il trasporto il Comune prevede una spesa massima di 1000 euro.
Il Moca perde quindi una delle due opere che realmente attirano le attenzioni di un potenziale grande pubblico. Alla galleria civica resta, essendo di proprietà comunale, la gigantesca tela di Joan Mirò che il grande artista catalano donò alla città per il Maggio Mirò del 1980.
«Vita» è il più grande dipinto su tela realizzato da Annigoni (1910-1988). L’opera nata fra il 1957 e il 1960 – tempera grassa su carta incollata su tela di cm 315 x 550 – richiede una visione prolungata e attenta, ricca di allegorie, specchio della mente dell’artista che segnò un’epoca e che in Valdinievole ha lasciato altre importanti tracce. Sopra il Cristo in croce non c’è la scritta Inri, bensì una pubblicità Coca-Cola, rimando all’alienante culto del consumismo che rivela un Annigoni attento ai temi sociali e non solo acclamato ritrattista di re e regine.
“La Nazione” – 3 ottobre 2022
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