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Parole della domenica, un girotondo per salvare l’ospedale: anni fa era un gioiello della sanità toscana

Parole della domenica, un girotondo per salvare l’ospedale: anni fa era un gioiello della sanità toscana

Per anni l’ospedale di Pescia è stato un fiore all’occhiello della sanità toscana. Aveva reparti guidati da professionisti di grande preparazione, medici ed infermieri invidiati dai centri più importanti. Era un’ospedale di riferimento non solo per la Valdinievole, ma anche per i territori vicini. Basti pensare che fu superata la cifra di mille nascite in un solo anno più che a Pistoia e a Lucca. Ora a Pescia non si nasce più, l’ospedale, a forza di tagli e accorpamenti, è diventato poco più di un pronto soccorso, anche se i dipendenti tutti danno il meglio di loro stessi per mantenere un livello dignitoso della struttura e offrire risposte ai pazienti. La Valdinievole aveva anche una sua Asl: l’inizio del depauperamento dell’ospedale fu proprio con l’accorpamento con l’Asl pistoiese. Accorpamento è la parola usata quasi sempre per mascherare la sparizione di reparti o di funzioni all’interno degli stessi.
Qualche giorno fa, per sottolineare che l’ospedale non è stato dimenticato, si è svolto un girotondo organizzato dal comitato Ri-nascere in Valdinievole. Si è trattato di una manifestazione voluta a tutela dell’ospedale Cosma e Damiano di Pescia.
Nemmeno una grandinata caduta poco prima dell’inizio ha frenato la grande partecipazione di cittadini, arrivati da tutta la Valdinievole per rispondere all’appello dei promotori. Erano state predisposte seicento pettorine. Una previsione che si è rivelata pessimista. In molti sono stati costretti a seguire il girotondo senza indossare il gilet arancione con stampato il logo e il nome del comitato. Il numero dei partecipanti si è avvicinato alle novecento persone che, unite da un lungo nastro bianco con un palloncino colorato in mano, hanno voluto “circondare” l’ospedale della Valdinievole con un calorosissimo abbraccio. Ed è stato lanciato un monito alla Regione: la Valdinievole vuole che il suo ospedale torni il fiore all’occhiello che tanti hanno conosciuto.

Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura a tutti quelli che ci seguono
.
(a cura di Mauro Lubrani)

Più si scrive a mano meglio è per il cervello

Alcuni manifesti della campagna Moleskine

Moleskine, il celebre marchio delle omonime agende, lancia per la prima volta nella sua storia Pen&Paper, una campagna pubblicitaria cartacea di oltre 200 manifesti disegnati interamente a mano dal personale Moleskine e da un gruppo di studenti universitari di Milano. La campagna è stata lanciata a Milano il 22 aprile e sarà visibile in tutta la città per due settimane. La campagna mira a sensibilizzare il pubblico sull’importanza di scrivere a mano per preservare la memoria e sviluppare il pensiero lineare. Alcuni studi hanno dimostrato che prendere appunti a mano porta a risultati migliori nei test rispetto alla scrittura digitale e scrivere gli appuntamenti su carta aumenta la probabilità di ricordarli.
La scrittura a mano non solo è utile per questi due motivi, ma può anche aiutare i bambini con ADHD o facilitare la comprensione e l’apprendimento della matematica. In un’epoca sempre più digitale, l’idea non è quella di privilegiare una realtà analogica rispetto a una digitale, ma di incoraggiare le persone a non abbandonare l’una per l’altra, poiché è dimostrato che scrivere e scarabocchiare stimola il cervello in innumerevoli modi. Moleskine sostiene questa tesi affidandosi alle conoscenze e agli studi di esperti del settore, come i neuroscienziati Audrey Van der Meer, Ruud van der Weel e Hetty Roessingh, la farmacologa comportamentale Kristin Wilcox, gli esperti di scrittura Irene Bertoglio e Giuseppe Rescaldina, nonché l’ex studente e ora giornalista Owen Ruderman. La missione del marchio infatti è sempre stata quella di promuovere il potenziale della carta nella nostra vita. La carta ci aiuta a esprimere le nostre idee, a giocare con la nostra creatività, a elaborare i nostri pensieri e, quando prendiamo uno strumento di scrittura per annotare e scarabocchiare istintivamente, il nostro cervello funziona meglio. 

Maltempo, ora è emergenza patate in Irlanda

harvesting potatoes on the ground on a background of field

“Stiamo cercando di far asciugare i campi per arare e poi piantare le patate”. Così ha spiegato, al Financial Times, con estrema semplicità, Sean Ryan, presidente del “comitato patate” dell’Irish Farmers’ Association, parlando della situazione della sua proprietà. Nella sua terra, e in quella di gran parte dei contadini irlandesi, le piogge pesanti hanno tardato la semina del tubero nazionale (e a quanto pare, la Brexit ha peggiorato la situazione, perché l’Irlanda faceva affidamento sui semi scozzesi, ma ora non può più reperirli fuori dall’Ue). Per un Paese che ha un consumo annuo di 94 chili di patate a testa, il triplo della media mondiale, è una disgrazia enorme, conseguenza del cambiamento climatico. L’Irlanda fu la prima nazione europea ad adottare la pianta in arrivo dal Sud America. Oggi, pur essendo lontana 179 anni, è ancora ben radicata nella memoria degli abitanti dell’“isola di smeraldo” la Grande Carestia (An Gorta Mòr in gaelico, la lingua nazionale) – 1845/1848 – dovuta alla peronospora che distrusse la maggior parte delle coltivazioni, provocò epidemie varie, dal tifo allo scorbuto, causando un milione di morti e l’emigrazione di un milione e duecentomila persone, per lo più verso l’America. L’Irlanda sarebbe cambiata per sempre. 
Oggi eventi meteorologici estremi hanno definito un quadro in cui lunghi periodi di eccessiva precipitazionesono stati seguiti da periodi di siccità: finora solo gli agricoltori se ne erano davvero accorti nel giorno per giorno e ne avevano cominciato a percepire gli effetti di medio e lungo termine. Ad ora è stato possibile seminare solo in 50 dei 21mila acri coltivati a patate, mentre a questo punto dell’anno almeno il 60 per cento delle patate avrebbe già dovuto essere messo a terra. Quindi, a un certo punto, dalla tavola degli irlandesi scompariranno, come nell’Ottocento.
Edoardo Vigna – Corriere della Sera / Clima e ambiente, 24 aprile 2024

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