La Toscana alla guida di Slow Food Italia: Massimo Bernacchini eletto nel nuovo esecutivo nazionale
Bernacchini entra in Slow Food nel 2000 e collabora alla nascita del Presidio della Bottarga di Orbetello. Dal 2006 è membro della Segreteria Regionale di Slow Food Toscana; è docente di Master of Food e coordinatore della rete internazionale delle Isole Slow; è stato membro del consiglio internazionale di Slow Food dal 2007 al 2017; dal 2006 ricopre l’incarico di consigliere nazionale.
«Stiamo vivendo una fase storica della nostra Associazione che segnerà la strada per un futuro straordinario, in Italia come nel mondo. La dichiarazione di Chengdu, Cina ottobre 2017, con le mozioni approvate a sostegno della nostra nuova via, rappresentano una linfa vitale che ha rinnovato molti entusiasmi nei territori in cui Slow Food è presente e dove la sua attività è stata al centro di iniziative importanti. Da quel momento, in tutte le nostre Condotte, in tutti i consessi regionali, all’interno del nostro Consiglio nazionale, le parole rinnovamento, inclusività, apertura, ascolto, sorriso, disponibilità, hanno acquisito nuova forza nei dialoghi e nei confronti e dovranno continuare a farlo per portare la nostra rete italiana a presentarsi degnamente al prossimo Congresso Internazionale del 2020. Ci impegniamo a far nostri i temi delle mozioni, dei documenti e dei contributi che sono stati depositati da diverse parti d’Italia durante il Congresso sui temi delle migrazioni, della giustizia del cibo che consumiamo, del sostegno della rete dei giovani, dell’agricoltura sociale, della riqualificazione ambientale, della mobilità sostenibile così come della lotta a qualsiasi tipo di sfruttamento ambientale, umano e sociale nel sistema produttivo agricolo dei nostri territori. Il nostro modo di guardare alla biodiversità è stato e continua ad essere unico nel mondo, al confronto con la moltitudine di associazioni ed organizzazioni che lavorano sulla conservazione della biodiversità con le quali pure già collaboriamo e sempre più collaboreremo. Questa ricchezza dovrà essere al centro della nostra attività attraverso il nostro progetto dei presìdi, lo sviluppo dei mercati della terra, il consolidamento della rete dell’alleanza dei ristoratori. Ma anche attraverso il rafforzamento delle reti territoriali così come quelle tematiche che stanno svolgendo e possono svolgere un ruolo fondamentale nel nostro Paese, soprattutto in aree con specifiche fragilità. E questo impegno dovrà convergere in modo ancora più forte nell’ambito delle campagne internazionali come quella sugli orti in africa che ci hanno già visto impegnati negli anni scorsi o quella sul cambiamento climatico che merita una strategia attenta a partire proprio dai nostri territori con la consapevolezza di come si svolge a livello globale».
Giorgia Canali, classe 1986, vive a Cesena dove lavora come giornalista. Nel 2010 viene eletta fiduciaria, contribuendo alla nascita della Rete giovani di Slow Food in Italia;
Antonio Cherchi, sassarese, 63 anni, commercialista, vive e lavora a Modena. Dal 2010 al 2014 è stato presidente di Slow Food Emilia-Romagna; dal 2015 ha ricoperto l’incarico di Tesoriere e consigliere nazionale;
Silvia De Paulis, agronoma, dal ’98 al Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Dal 2009, dopo il terremoto che ha sconvolto L’Aquila, ha contribuito alla realizzazione prima del progetto 10 orti per 10 tendopoli e poi del Mercato Contadino;
Giuseppe Orefice, tecnologo alimentare, ha 42 anni e dal 2014 è formatore nell’ambito del progetto Orto in Condotta e docente Master of Food; è il presidente uscente di Slow Food Campania e Basilicata;
Gaia Salvatori, classe 1989, componente della rete giovane di Slow Food Roma. Laurea in Comunicazione nel 2012 e specialistica in Marketing. In Cile lavora con Slow Food allo sviluppo dei Mercati della Terra, mentre oggi in Perú segue un progetto di conservazione produttiva della foresta amazzonica.
Francesco Sottile, agronomo, insegna Biodiversità e qualità delle colture agrarie all’Università di Palermo. In Slow Food ha cominciato vent’anni fa dal mondo dei Presìdi siciliani allargando sempre più la propria collaborazione sul piano tecnico e associativo anche all’estero.
MAGLIETTE ROSSE
I LAVORI DEL SABATO
Il percorso di apertura e inclusione di Slow Food è già iniziato: lo testimoniano le presenze alla seconda giornata di lavori IX Congresso nazionale di Slow Food Italia di organizzazioni e associazioni con cui costruire un percorso operativo su temi convergentiquali l’educazione, l’agroecologia, biodiversità, difesa dei diritti civili, partecipazione alla vita politica e sociale.
Di seguito una sintesi di alcuni interventi della giornata.
Marco De Ponte, direttore generale di Action Aid
Action Aid e Slow Food lavoranoo insieme per conquistare uno spazio dove i cittadini possano nuovamente intervenire e partecipare. L’intento comune è far sì che l’attivismo civico venga riconosciuto dalla politica come risorsa e non come ciliegina sulla torta, nella migliore delle ipotesi, o come elemento di disturbo nella peggiore. Oggi le nostre organizzazioni possono occupare quel posto che oggi pare vuoto lasciato vuoto, consapevoli anche del fatto che i partiti sono diventati delle macchine per contare i cittadini, mentre le associazioni, le no profit sono le organizzazioni che invece fanno contare i cittadini. Vogliamo fornire ai cittadini l’opportunità e gli strumenti per impegnarsi su temi politici, il tema dell’inclusione sociale per Action Aid e del diritto al cibo buono, pulito, sano e giusto per Slow Food. Ci poniamo come corpi intermedi nel dialogo tra cittadini e istituzioni, un invito che trova sintesi nel Festival della Partecipazione, appuntamento che arriva quest’anno alla terza edizione e che vede coinvolge, insieme a Slow Food e Action Aid anche Cittadinanza Attiva. Un’alleanza che rafforza l’idea che non possiamo agire come campanili isolati.
Giosuè De Salvo, responsabile Advocacy, educazione e campagne per Mani Tese.
Il terreno comune su cui può e deve continuare l’alleanza tra le nostre due realtà è l’agroecologia, cioè il nuovo paradigma della produzione, della trasformazione e della distribuzione del cibo per arrivare, anche qui insieme, ai cambiamenti politici che stiamo perseguendo e che auspichiamo. La vostra associazione sta affrontando un percorso di apertura molto coraggioso e ambizioso che, mi auguro, mantenga i suoi caratteri di idealità, magari con maggior efficienza dal punto di vista organizzativo.
Salvatore Ceccarelli – Genetista
Non si può fare agricoltura basata sull’uniformità, come stanno facendo molti centri di ricerca finanziati dalle grandi multinazionali sementiere, perché i cambiamenti climatici in corso o la stessa conformazione del nostro pianeta ci richiedono diversità. È fondamentale coltivare la biodiversità, solo questo può darci un futuro migliore. Slow Food deve con forza continuare la battaglia per la non proprietà dei semi, perché ogni contadino possa essere svincolato dall’acquisto di semi ibridi e brevettati. Ogni contadino deve poterne disporre e selezionare quelli che meglio si adattano al proprio territorio. Solo così i contadini sono liberi di decidere.
Valeria Pivetta – Save The Children
Siamo convinti che la forma dell’associazionismo abbia ancora un futuro: Save The Children è un’organizzazione non governativa che si prepara a festeggiare i cent’anni. Ci rendiamo conto che oggi è necessario stabilire alleanze e unire le competenze. Ecco che con Slow Food lavoriamo per costruire una comunità educante. Le realtà locali di Slow Food sono diventate per noi un punto di riferimento importante. Gli orti che stiamo coltivando insieme nei punti di aggregazione ci permettono di unire competenze e strumenti e i risultati si vedono: i bambini che arrivano con una condizione di competenze più bassa rispetto agli altri, acquisiscono forza e migliorano le loro capacità relazionali, arricchiscono il lessico, e con loro le famiglie.
Marco Omizzolo – Sociologo
Il dialogo e il confronto sono importanti per non essere soli e migliorare il nostro lavoro. Questo vale in tutti i campi. Io, ora, sto lavorando a fianco dei braccianti agricoli sick dell’Agropontino, una comunità di 30 mila persone. In questo caso con Slow Food Latina stiamo costruendo un percorso di inconclusione che potrebbe diventare un esempio da replicare anche in altre zone.
Antonio Nicoletti, responsabile nazionale Aree protette e biodiversità di Legambiente
Insieme a Slow Food lavoriamo e possiamo farlo sempre più sull’agroecologia e sulla difesa della biodiversità. Le parole d’ordine della vostra associazione, cioè buono, pulito e giusto, vanno lette anche alla luce dei cambiamenti climatici: quindi interrogarsi insieme sul tipo di produzione, il cibo che ne deriva, con che lavoro è stato prodotto.
Franco Ferroni, responsabile Agricoltura e Biodiversità Wwf Italia
Con Slow Food dobbiamo continuare ad affrontare insieme le questioni legate all’Agricoltura e al cibo, quindi alla conservazione della biodiversità. La nuova apertura di Slow Food con il passaggio dalle Condotte alle Comunità può facilitare il dialogo con realtà locali, spesso comitati spontanei, che affrontano e lottano su problemi circoscritti dei rispettivi territori.
«Vivo questo Congresso di Slow Food Italia con molta attenzione, speranza e grande fiducia. La nostra storia ci dà un’indicazione chiara: Slow Food è un movimento che nel tempo ha saputo evolversi, adattarsi in maniera costante. Non deve farci paura la trasformazione nell’organizzazione e negli ideali, perché abbiamo già vissuto momenti come questo nella nostra storia e ci sono costati anche qualche perdita. Da quel piccolo gruppo che si raccoglieva prima intorno ad Arci Gola e poi a Slow Food, e sviluppava le prime riflessioni di tipo gastronomico, siamo riusciti a diventare un movimento mondiale in grado di dialogare con la politica. Oggi siamo una rete presente in 160 Paesi nel mondo.
Io ho iniziato questa avventura quando avevo poco più di 30 anni e il prossimo anno ne compio 70. Di mutamenti ne ho vissuti tanti, governati e anche provocati. Ne cito solo tre che sono fondativi: la presa di coscienza che non si poteva parlare di alimentazione senza considerare il disastro che avveniva in campo agroalimentare a causa della perdita di biodiversità.
Il secondo grande passo è avvenuto quando abbiamo esplicitato la nostra dimensione internazionale. Questa nuova sfida faceva molta paura perché eravamo piccoli e non avevamo soldi. Quel manifesto scritto da Folco Portinari lentamente ci ha permesso di essere presenti in decine di Paesi nel mondo. Si è trattato di una scelta schizofrenica perché abbiamo coinvolto solo Paesi con la pancia piena, non avevamo ancora gli strumenti per capire che il diritto al piacere c’è anche in quei Paesi in cui a governare era la malnutrizione.
Il terzo e dirompente cambiamento c’è stato nel 2004 con la prima edizione di Terra Madre e la fondazione dell’Università di Scienze Gastronomiche. La nascita del nostro ateneo ha significato confrontarci con uno dei più vecchi e obsoleti sistemi della nostra società, fermo a dinamiche di tipo medievale che non esprime compiutamente il bisogno di democrazia e di fame di conoscenza che c’è nel mondo. Oggi in Italia esiste una classe di laurea in Scienze gastronomiche, che esprime l’approccio sistemico di Slow Food per affrontare il mondo del cibo: non solo scienze agrarie, veterinarie alimentari o mediche, ma anche antropologiche, economiche. Oggi oltre 3 mila allievi sono usciti dall’Università di Pollenzo e ci fanno onore nel mondo.
Nello stesso anno celebravamo Terra Madre, e con essa il movimento di liberazione per Slow Food che ci ha aperto il cuore. Abbiamo riconosciuto alle comunità che provenivano dal Sud del mondo il nostro stesso diritto al piacere, che la loro cucina è all’altezza della nostra, che non ci sono graduatorie. Terra Madre ha cambiato profondamente il nostro movimento. Oggi siamo in 160 Paesi nel mondo ma ci siamo con un vestito vecchio, eurocentrico, che prevede forme di tesseramento individuale, logiche organizzative verticali e questo, abbiamo visto strada facendo, non è proponibile in tante parti del mondo.
A Chengdu, lo scorso ottobre, abbiamo risolto la nostra schizofrenia perché abbiamo pensato a un vestito nuovo che potesse stare bene al mondo intero. Questo cambiamento è una liberazione per il movimento. Le nostre comunità saranno improntate sulla libertà di operare. Vorrei rivolgermi ai 67 delegati di questo congresso che hanno meno di 30 anni. Fate Slow Food come volete, realizzate un’associazione che sia in sintonia con le vostre qualità. Il più grande atto d’amore che noi possiamo fare nei confronti di voi giovani è darvi la libertà di fare un’associazione che sia in sintonia con i vostri valori.
Al prossimo Terra Madre Salone del Gusto – a Torino, dal 20 al 24 settembre – lanceremo un’altra sfida: l’università diffusa. Vuol dire che non esiste alcuna primogenitura tra saperi accademici e tradizionali, ma ci deve essere dialogo. Noi realizzeremo dei luoghi, anche virtuali, in cui si trasmette sapere tradizionale nelle sedi di tipo universitario: un casaro, un produttore biologico, se si mette a disposizione, diventa docente. Ecco allora che questa rete che tesseremo in tutto il mondo dovrà essere telematica e coinvolgere i docenti. Libereremo così la democrazia della conoscenza da queste paludate accademie tradizionali. Questi saperi saranno a disposizione di chi non ha tempo o soldi per frequentare l’università. È un’impresa che fa tremare i polsi ma se non cogliamo queste sfide si muore di inedia.
E infine un augurio per la nostra Italia. Non possiamo ridurre le opportunità del nostro Paese alle bellezze turistiche e gastronomiche, dobbiamo piuttosto iniziare una grande battaglia per rigenerare i nostri borghi, non attraverso la promozione dei luoghi o la vendita dei prodotti, ma a partire dalla socialità. Questa è la fame di cui abbiamo bisogno!
I LAVORI DI VENERDI’
«Questo congresso è un’opportunità per discutere di cambiamento, di come sarà la nostra associazione. Puntiamo a una maggior partecipazione. Un percorso iniziato a Chegdu, Cina, nel 2017 con il Congresso internazionale. Quattro le parole chiave: internazionalità, globalità, dialogo e apertura» esordisce così Gaetano Pascale, presidente uscente di Slow Food Italia, aprendo – ieri venerdì – i lavori del IX congresso dell’associazione che si sta tenendo a Montecatini Terme.
«Non dobbiamo smettere di essere pungolo per le istituzioni, ad esempio sul consumo zero del suolo, sul quadro normativo che regola il settore dei semi, sullo sviluppo delle aree interne, su una maggiore attenzione alla qualità e al cibo locale nelle mense scolastiche o sui trattati commerciali internazionali che barattano diritti delle persone a favore dell’industria. C’è chi lotta per far viaggiare liberamente le merci, mentre si bloccano le persone. Non dobbiamo mollare, anche, su battaglie che possono sembrare vinte: come gli ogm».
Prosegue Gaetano Pascale ricordandoci inoltre che: «La lotta per un cibo buono, pulito, giusto e sano sarà vinta se lasciamo aperta la nostra porta e abbiamo la capacità di entrare in rapporto con altre realtà. L’apertura fa la differenza, la capacità di essere inclusivi».
Inoltre, concludendo, Pascale ci ricorda che: «Affermare il diritto al cibo per tutti significa anche diritto alla pace. Non c’è accesso al cibo quando si è falcidiati dalla guerra. Il nostro movimento è pacifista, contro la guerra e tutte le forme di violenza. Non dobbiamo scordare un aspetto: dobbiamo provare a ridare a questa società la capacità di sognare. Slow Food è un motore fondamentale per generare sogni. Su questa caratteristica dobbiamo costruire insieme un futuro migliore».
«La salute e le sue connessioni con il cibo sono sempre state un tema di Slow Food – ha continuato Patrizia Ucci, odontoiatra, responsabile Ass-pg23 Bergamo ed esponente del gruppo Cibo e Salute per Slow Food – perché nutrirsi bene e alimentarsi con prodotti sani è un diritto di tutti, che va difeso e affermato. Con tutte le iniziative che stiamo mettendo in campo su questo tema vogliamo avviare un percorso di riflessione e impegno all’interno della nostra associazione e lanciare un ponte a tutti quei soggetti che vorranno sostenerci in questo cammino».
E secondo Slow Food il piacere di gustare e conoscere prodotti e ricette ha un ruolo di primo piano nel definire le connessioni tra cibo e salute. Ne ha parlato lo chef Vittorio Fusari, autore insieme a Luigi Fontana de La felicità ha il sapore della salute (Slow Food Editore): «La gastronomia è un sapere antico, che si genera dalla fusione anche di culture lontane, e che trova la sua forza nella trasmissione tra generazioni. Ecco perché oggi la vera rivoluzione è tornare in cucina, ai fornelli, scegliere il proprio cibo e condividerlo con la nostra famiglia. Scegliere il proprio cibo è un requisito indispensabile per rimanere in salute».
Lo conferma Stefano Parini, medico internista e diabetologo Ausl Bologna ed esponete del gruppo Amd, che ha mostrato come le cause delle sempre più diffuse patologie sono sicuramente da rintracciare nei comportamenti alimentari individuali, ma non solo: «Dal 1980 a oggi l’incidenza del diabete è passata dal 2,9% al 5,3% che diventa il 16,5% per gli over 65 con un basso livello di scolarizzazione. Il paradosso è che nel Sud Italia, patria della Dieta mediterranea, l’incidenza è assai maggiore rispetto al Nord. Così come a soffrirne di più è chi ha un livello di istruzione medio basso. Sedentarietà e cattive abitudini alimentari non ci aiutano. Ma nemmeno ci viene incontro l’industria alimentare che spesso diffonde messaggi fasulli che finiscono col peggiorare la nostra salute. Nuovi studi dimostrano inoltre che oltre il fattore biologico e i comportamenti individuali, ci sono fattori ambientali che aumentano l’incidenza del diabete come, per esempio, l’eccessivo rumore e l’eccessiva illuminazione degli ambienti urbani. Si deve lavorare anche su questi fattori e recuperare ritmi più naturali per conquistare una rinnovata salute. Un esempio su tutti: favorire il consumo di frutta e verdura con politiche ad hoc produce risultati considerevoli, mentre intervenire sulle nostre abitudini alimentari può salvarci da disturbi gravi: è provato che mangiare a casa cinque giorni su sette protegge i nostri figli dal rischio obesità»
Ci sono buone notizie però: il nostro corpo può aiutarci a scegliere cibi buoni e sani: «Sulla lingua abbiamo recettori – ha spiegato il dietista Michele Sozi – che ci permettono di riconoscere cosa ci fa bene e cosa, invece, male. Un gusto amaro, ad esempio, può significare velenoso. Uno dolce, ci fornisce energia. La lingua ci dice ciò di cui abbiamo bisogno per stare bene. L’industria alimentare l’ha capito presto e ha fatto largo uso anche della consapevolezza che gli zuccheri provocano piacere immediato. Un piacere che svanisce presto e deve essere ristabilito con un’ulteriore dose. I pericoli dell’eccesso di zucchero sono stati a lungo taciuti, eppure sappiamo che l’eccesso di glucosio può portare a serie patologie. Il mio consiglio è di iniziare da semplice regole: evitare il junk food, le bevande zuccherate e soprattutto mettere alla base della nostra piramide alimentare la convivialità del pasto».
Fra ciò che ha effetti positivi sulla nostra salute e ci fa stare bene c’è, senza dubbio, l’acqua. «Ci permette di mantenere il nostro stato di benessere e di prevenire malattie» ha detto Mara Ramploud, medico specializzato in Scienza dell’Alimentazione. «L’acqua è un bene comune. La salute dell’acqua è salute individuale e anche collettiva. È un circolo: mantenere la salute dell’acqua è fondamentale per mantenere la nostra salute. Ognuno di noi, con le sue scelte, può fare qualcosa: è compito nostro conservare l’acqua pulita, per le future generazioni e per la Terra intera».
L’acqua, quella delle fonti termali in particolare, è anche uno strumento di prevenzione, riabilitazione e cura che dovrebbe essere valorizzato maggiormente» ha concluso Elena Bressanin, specializzanda in Medicina Termale presso l’Università Sapienza di Roma.
Quello che ci vuole è una nuova cultura della medicina termale, puntare nuovamente sulla formazione del personale medico in tutta Italia, mettere in evidenza l’aspetto curativo delle città termali, e poi l’offerta turistica. Anche perché il dramma che stiamo vivendo in questi ultimi anni è l’aumento dell’incidenza delle malattie a indicazione termale, come ad esempio la cattiva digestione o la stipsi, che oggi contano milioni di malati. Si tratta di malattie croniche che senza dubbio vanno affrontate con pastiglie o fisioterapia, ma per le quali le cure termali possono consentire un periodo di recupero fondamentale all’organismo.
Nel pomeriggio, al Teatro Verdi prenderanno il via i lavori congressuali con gli interventi di Gaetano Pascale, del presidente di Slow Food Carlo Petrini, di esponenti politici ed esperti.