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Parole della domenica, il prestigioso tour delle rosse “Ferrari F50 Legacy” incanta Montecatini, John Elkann ammira il Tettuccio

Parole della domenica, il prestigioso tour delle rosse “Ferrari F50 Legacy” incanta Montecatini, John Elkann ammira il Tettuccio

Montecatini ha avuto l’onore di ospitare una tappa del prestigioso Ferrari F50 Legacy Tour 2025, un evento vissuto con grande interesse dagli appassionati del cavallino rampante. Il tour celebra il 30° anniversario della presentazione di una delle vetture più iconiche del marchio Ferrari, avvenuta il 9 marzo 1995 al Salone dell’Auto di Ginevra.
Le bellissime auto sono state parcheggiate davanti lo storico stabilimento Tettuccio, che è stato visitato dagli equipaggi. Tra i presenti anche John Elkann, che ha ricordato con affetto le sue visite in città insieme ai nonni. Il presidente di Stellantis e della Ferrari è stato salutato dal sindaco Claudio Del Rosso e da Luca Quercioli (nella foto sotto), amministratore delle terme, per sottolineare l’importanza di questo evento per la valorizzazione del nostro territorio.

Questo è il terzo Legacy Tour, dopo quelli dedicati a F40 (2023) e GTO (2024). Il tour 2025 è partito da Saturnia, attraversando la Maremma, le colline senesi e l’Appennino tosco-emiliano. Fra queste la tappa di Montecatini Terme. Le F50 saranno poi esposte a Maranello e sfileranno sul circuito di Fiorano.
Doveroso onorare al meglio un compleanno così importante, come Ferrari ha già fatto per altri anniversari di rilievo (GTO ed F40), celebrando il mito di un marchio che rappresenta l’eccellenza italiana nel mondo.
Evento di questo tipo possono aiutare Montecatini nel suo obiettivo di rilancio: la città ha bisogno di ritrovare una clientela di prestigio, il migliore passaparola per futuri successi.

Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura a tutti quelli che ci seguono

(a cura di Mauro Lubrani)

Pietro è tornato, si chiama Leone XIV. Del 267esimo Vescovo di Roma ha colpito prima il silenzio disteso, un’eco di desiderio e grazia, quasi la Chiesa intera trattenesse il fiato insieme a lui. Poi il gesto di saluto, a due mani, accompagnate dal sorriso delicato. Le prime parole, infine: «La pace sia con tutti voi». Ed è allora che Robert Francis Prevost, il nuovo Papa, è apparsodavvero. Non come un annuncio,📢ma come presenza: un volto, una voce. E l’invocazione: «Sia una pace disarmata e disarmante, umile, che proviene da Dio, che ci ama tutti incondizionatamente». Tutti.
Che sorpresa. E quale straordinaria prova di comunione, dai cardinali in Conclave. Come la nascita di ogni vita cambia il senso del mondo – rendendolo sempre diverso – così il successore di Pietro porta una Chiesa nuova. Un Papa viene da un’elezione, certo, ma è più di un eletto.
È un’epoca che si apre, un respiro che si rinnova. I cardinali con il loro voto segreto hanno scelto un uomo, agostiniano nato a Chicago e missionario in Perù, e con lui hanno convocato anche il mondo e le sue attese disilluse, le tante domande senza risposte. Nella voce calda del nuovo Papa pare di avvertire questo carico immane, insieme alla consapevolezza di un totale servizio per risvegliare le coscienze – quanto ne abbiamo bisogno.
Certo, colpisce ancora una volta la rapidità della decisione: meno di ventiquattro ore. In questo tempo sempre più frammentato e irrisolto – in fondo, lo siamo tutti noi – la Chiesa ha sentito di non poter restare per troppo tempo senza padre. Ai funerali di Bergoglio, ha ricordato un cardinale, questo soprattutto chiedeva la gente: dateci un padre.
Marco Girardo – Avvenire, 9 maggio 2025

Quelli che aspettano il Grande Spettacolo

Al calar del sole arrivano a centinaia sul Molo Audace a Trieste. Li vedo ogni settimana, davanti al mare aperto. Alcuni improvvisano, altri sono attrezzati. Si siedono sulle panchine o direttamente sul molo, solitari o in gruppo, portano da bere, portano macchine fotografiche e taccuini per disegnare. E i telefonini, ci mancherebbe. Poi arriva il Grande Spettacolo, quello che dura poco. E vivono il tramonto.
Avviene ovunque, è il segreto meno protetto: ognuno di noi saprebbe consigliare un luogo dove il tramonto è speciale. Venezia da Riva degli Schiavoni, le Dolomiti che diventano più rosa di sempre, i castelli dai camminamenti alti, le paludi con la luce che filtra, le campagne aperte. I maestri della fotografia, i pittori, i poeti. Perché ci piace così tanto il tramonto?
Ci spinge a meditare e a rapportarci con noi stessi. Segna (ben più di una mezzanotte) un sipario emotivo su un particolare segmento della nostra giornata. Ci trasmette il senso del tempo. È un appuntamento, e una sorpresa, al tempo stesso. Il tramonto è solo adesso; domani sarà diverso, potrebbe addirittura diventare invisibile. Ci placa e ci eccita: poche cose, al mondo, sanno segnare questa doppietta. Uno studio pubblicato dall’Università di Berkeley sostiene che questo successo abbia a che fare con il nostro gradimento dei colori: ci piacciono le coppie cromatiche in sfumatura, come il rosso e l’arancione.
Intuire che il cielo regalerà un super tramonto è un’arte con qualche possibilità e poche certezze: è una questione di posizione delle nuvole, di vento, c’entra il colore che assume il sole mezzora prima. Ma non indaghiamo troppo. E godiamocelo. Presto ne arriverà uno bellissimo.
Fabrizio Brancoli – post su Facebook del 8 maggio 2025

“Va’ dove ti porta il cuore”, il dolore per un amico perduto

Nel tentativo sempre vano di fare ordine, ecco planare una foto che non pensare di avere. Sapete cosa rappresenta? La finestra davanti alla quale ho scritto “Va’ dove ti porta il cuore”. Avevo trentacinque anni e vivevo in una casa di campagna. La mia stanza era piccola, c’era un vecchio letto di ferro a una piazza, un grande armadio scuro, un tavolo con una sedia, due mensole con i libri. La porta si chiudeva male e sopra di me, nel solaio, viveva una famiglia di barbagianni. Sentivo sempre il loro zampettare. Condividevo una parete con una chiesetta.
Tutte le mattine mi alzavo e mi mettevo a scrivere. E nelle pause necessarie, contemplavo il paesaggio. Subito fuori c’era una grande quercia, ed è proprio da quella quercia, e dall’arbusto parassita che la stava soffocando, ho trovato una delle metafore presenti nel libro.
Ma quello che ricordo con intensità ancora straordinaria è la mattina del giorno in cui dovevo concludere il libro. Alle cinque di mattina suona improvvisamente il telefono fisso. Una telefonata a quell’ora porta sempre con sé un velo di inquietudine perché si tratta o di un errore o di una disgrazia. Ho attraversato la casa in penombra e quando ho sollevato la cornetta, ho capito che la seconda ipotesi era quella giusta.
Il mio migliore amico quella notte si era ucciso.
Ricordo lo smarrimento, la disperazione, il non sapere cosa fare. Se mi fossi lasciata andare al dolore probabilmente non sarei più riuscita a riprendere in mano il libro. Così, raccogliendo tutte le forze possibili e immaginabili, mi sono seduta al tavolo e ho scritto le ultime pagine di “Va’ dove ti porta il cuore”. Poi ho lasciato che il dolore prendesse il sopravvento.
Ripensandoci, forse la straordinaria forza di quelle riflessioni è proprio dovuta al dolore lancinante di quelle ore.
Il mio amico si chiamava Pietro, per questo il libro è dedicato a lui. Avevamo l’abitudine di fare lunghe passeggiate insieme, anche in montagna perché anche lui come me amava la natura. Era un ragazzo estremamente sensibile e buono. e il mondo non è fatto per accogliere persone come lui. L’ultima volta che l’avevo visto, pochi giorni prima, mi era parso estremamente luminoso. Ne ero stata felice perché non l’avevo trovato sopraffatto dalla tristezza come sempre. Solo dopo ho capito che quell’improvvisa radiosità era dovuta al fatto che aveva deciso di andarsene.
Quanti misteri ci sono nell’animo, umano. E quanti dolori. A volte è veramente difficile riuscire a trovare una strada per andare avanti.
Susanna Tamaro – post su Facebook del 5 maggio 2025

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