Pages Navigation Menu

Le notizie della tua città

Parole della domenica, salviamo le Terme ma ci vuole un “progetto città” ormai atteso da anni

Parole della domenica, salviamo le Terme ma ci vuole un “progetto città” ormai atteso da anni

C’è chi ritiene che lo “spezzatino” dei beni delle Terme sarebbe il meglio per la città. In pratica, Regione, Comune e Fondazione Caripit acquisterebbero gran parte degli immobili della società che sono rimasti invenduti nella recente asta per 42 milioni andata deserta.
L’ideale sarebbe che la Regione Toscana acquisisca Tettuccio, Regina ed Excelsior, che il Comune di Montecatini faccia la propria parte con la Torretta e anche che la Fondazione Caript investa sulle Terme. In aggiunta potrebbe poi essere coinvolto lo Stato, attraverso Cassa Depositi e Prestiti, fino a raggiungere la cifra necessaria a rilevare l’intero patrimonio termale.
Di recente Federalberghi Apam ha auspicato che il pubblico faccia la sua parte cedendo poi i beni a un serio gestore privato. “Ma – ha aggiunto il presidente di Federalberghi Apam Carlo Bartolini – serve a monte un progetto città. L’obiettivo principale non è solamente come trattenere in mano pubblica i beni strategici termali, ma come ristrutturarli, valorizzarli e farli tornare a rendere da un punto di vista economico, oltre che sociale.
Un progetto città che attendiamo ormai da troppi anni”.

Gli anziani e la lotta all’afa

Una persona su quattro tra chi vive in città, secondo i dati Istat, ha più di 65 anni. È tecnicamente “anziana”. Se poi prendiamo in esame solo le 14 città metropolitane d’Italia parliamo in tutto di una popolazione di 5 milioni di persone: la maggior parte delle quali soprattutto tra gli over 80 è single e fragile. Per loro la città si trasforma in una terribile trappola, con il caldo che è senza alcun dubbio l’ingrediente più tossico (certo non l’unico) di quel cocktail che si chiama solitudine. Le relazioni sociali si riducono, l’afa e l’umidità che tolgono il respiro anche di notte inducono a non uscire durante il giorno, fiaccano corpi già provati dal tempo, acuiscono una fragilità insita nel vivere con una pensione minima. Molti anziani sono costretti a tante rinunce, a cominciare dal condizionatore. E sappiamo che c’è anche chi fatica a pagare le “normali” bollette.
C’è stato un tempo, all’inizio degli Anni Duemila, in cui le ondate di calore erano una novità. 
Da dieci anni (così dice l’ultimo report di Ispra) l’emergenza è diventata normalità: come le alluvioni e le bombe d’acqua, così le sempre più bollenti estati africane.
La buona notizia è che quei servizi d’aiuto, i cosiddetti “piani caldo”, dove c’erano sono rimasti:  sono diventati una parte integrante del welfare. E si sono anche moltiplicate iniziative lodevolissime che mettono i più fragili sotto la lente d’ingrandimento: c’è chi porta la spesa a domicilio, chi organizza il pranzo di Ferragosto. C’è poi la campagna Auser “Aperti per ferie”, una vera e propria rete di prossimità per i cittadini più deboli. Il presidente nazionale di Auser, Roberto Pantaleo, ricordando il numero verde del Filo d’Argento 800-995988 attivo sette giorni su sette dalle 8 alle 20, ci ricorda: “Basta poco per dare serenità a un anziano solo: una telefonata per chiedere come sta, una passeggiata da fare insieme, consegnargli la spesa o le medicine a casa”. 
Paola D’Amico – Corriere della Sera / Buone notizie, 15 luglio 2024

Circa il silenzio

Alle tavole sono rimproverato perché sto zitto. Viene inteso come disinteresse, mancanza di partecipazione. È il mio modo di stare attento. Non è per me passivo stare in ascolto accanto a commensali che conversano. Così assorbo racconti, punti di vista, desideri, idee. Non che prenda appunti: il fatto è che per me nessuna conversazione è futile, ognuna mette in gioco la persona che si esprime. Se sento parlare di sconosciuti, mi riguarda ugualmente la loro comparsa nel discorso. Provo a immaginarli, come i personaggi di una storia.
L’indole mi rende taciturno dall’infanzia. Oggi da scrittore invitato a parlare, non mi sottraggo e svolgo i miei racconti.
Approfitto della circostanza favorevole di persone venute apposta per sentire. Al di fuori di questa formula sento poco il bisogno di interloquire. Secondo il Salmo 65, canto attribuito a Davide, il silenzio è addirittura una lode per la divinità. Non arrivo a tanto e non concordo con il detto secondo il quale il silenzio è d’oro. Per me è solo una modalità di percezione di ciò che avviene intorno. Nella casa tra i campi sono abituato al monologo del fuoco nel camino, a quello del vento tra i cespugli, a quello della pioggia sulle tegole del tetto. Sono voci antiche, non rumori.
Raccontano partenze, distanze superate. Arrivano da chi le accoglie zitto.
Erri De Luca

Storie di lotte volanti

I riti sciamanici spalancano le porte della percezione ai cercatori di verità. O almeno promettono di farlo. Così, in un mondo secolarizzato come il nostro, molte persone cercano altre strade. Spesso in forme parareligiose che sono anche performance spirituali, come quelle proposte dagli sciamani. Persone che per nascita o per vocazione «inciarmano» commerci con le potenze ultraterrene, dialogano con gli spiriti dei defunti, ingaggiano battaglie contro il male. Promettono di sanare le ferite dell’anima. 
Ma se lo sciamanesimo è stato inizialmente studiato dagli antropologi e dagli storici delle religioni in Siberia, Cina, Corea e America Latina, ormai si è affermata l’idea che qualsiasi guaritore sia in fondo uno sciamano, cioè un sapiente. Proprio questo significa la parola saman nelle lingue dell’Asia Centrale e Nord Orientale. Perciò il titolo di sciamano non si nega a nessuno. E spesso è attribuito a curanderos, santoni, stregoni, occultisti, artisti. 
In effetti, l’aggettivo «sciamanico» ormai definisce una pratica, quel viaggio dentro la propria mente e negli spazi sconfinati della coscienza. Una sorta di terapia dell’anima. Si tratta di un mondo ai confini tra la domanda di spiritualità e la ciarlataneria più bieca. Ma che, d’altra parte, intercetta una domanda di senso che neanche il consumismo e il laicismo più spinto riescono a placare. Così questi rituali fai da te si accollano il compito che un tempo è stato delle religioni e delle credenze popolari, che a loro volta sono sempre state popolate da figure sciamaniche. 
Come nel tarantismo pugliese, il caso più famoso di musicoterapia. Dove musicisti sciamani, nel nome di san Paolo, facevano ballare le donne morse dal ragno fino allo sfinimento. Perché solo così lo spirito malefico della taranta veniva sconfitto. Una battaglia che oggi viene rievocata festosamente nei raduni della Notte della Taranta, dove la pizzica fa fare salti di gioia.
Elisabetta Moro – La Lettura / Corriere della Sera, 20 luglio 2024

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi