Parole della domenica: la Soprintendenza apre ad alberghi dentro le Terme, ma non mancano dubbi e perplessità
La notizia è positiva. La Soprintendenza alle belle arti apre alla possibilità di realizzare strutture ricettive all’interno di alcuni stabilimenti termali. Potrebbe essere una svolta nel recupero di immobili oggi destinati ad una vendita “spezzatino” nell’ambito del concordato preventivo in atto. Piena soddisfazione del sindaco Claudio Del Rosso, che ha incontrato Angela Acordon, responsabile della Soprintendenza per le province di Lucca, Massa Carrara e Pistoia.
Tuttavia, la Soprintendenza chiede il rispetto dei vincoli storici e artistici per gli edifici interessati da questa possibilità che sono Leopoldine, Grocco, Salute ed Excelsior. In primis deve essere rispettata la valutazione dei criteri che hanno permesso di ottenere il riconoscimento Unesco.
L’opportunità potrebbe riaccendere l’interesse di alcuni investitori, in modo particolare per quanto riguarda il cantiere delle Leopoldine abbandonato da anni. Ma anche lo stabilimento Salute potrebbe trovare acquirenti, mentre l’Excelsior rimane tra gli immobili che potrebbero passare alla Regione insieme a Tettuccio e Regina.
E’ evidente che l’attuale abbandono di edifici storici può essere superato solo se ci potranno essere le condizioni di un ritorno economico per chi deve sborsare milioni prima per l’acquisto e poi per la riqualificazione. Però, va anche tenuto di conto che la città possiede molti alberghi che rischierebbero di perdere definitivamente la clientela termale.
Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura a tutti quelli che ci seguono.
(a cura di Mauro Lubrani)
Il centenario del signor Panini

Cent’anni fa, a Pozza di Maranello, nasceva Giuseppe Panini, l’uomo che si inventò un oggetto, una tendenza e un pezzo di costume italiano.
Le figurine e gli album Panini sono state il romanzo di formazione di intere generazioni. Panini è morto nel 1996 donando la sua collezione al Museo della figurina di Modena che in questi giorni ricorda il visionario che unì il collezionismo al calcio.
La prima figurina stampata fu quella di Bruno Bolchi (ha vissuto a lungo a Pieve a Nievole dopo la sua esperienza di allenatore alla Pistoiese) per il primo album del 1961-62.
Sulla prima copertina c’era un colpo di testa di Nils Liedholm. Una rovesciata di Carlo Parola diventò il logo sulle bustine dal 1965.
La figurina raccontata come la più introvabile di sempre è quella del portiere Pier Luigi Pizzaballa dell’Atalanta, stagione 1963-64.
Sky Sport Insider, 9 novembre 2025
Un paese che scorda la lettura

Oltre la finanziaria, oltre Landini e il «campo largo» abbiamo anche altri problemi, e forse persino più importanti, anche se ce ne occupiamo poco o nulla. Ad esempio che l’Italia è un Paese ignorante. Siamo infatti tra gli ultimi in Europa come numero di diplomati di scuola superiore, al penultimo posto per numero di laureati (il 42 per cento degli iscritti all’Università abbandona dopo il primo anno) e con forti squilibri tra Nord e Sud (nel Mezzogiorno solo un giovane su cinque è laureato). Ma non si tratta solo del puro possesso di un pezzo di carta: dall’inizio del nuovo secolo è la qualità complessiva dell’istruzione, anche primaria, che è letteralmente collassata. Altrimenti non ci troveremmo davanti i dati drammatici che ci offre il Censis, secondo il quale sono sempre di più gli italiani che non capiscono un testo scritto e non sanno esporre ciò che vorrebbero dire: praticamente un popolo di semianalfabeti, incapaci di comprendere il contenuto di un qualunque avviso pubblico o di raccontare la trama di un film. Che razza di futuro può avere un Paese del genere? Quale luminoso sviluppo economico prepara una simile ignoranza?
Premessa e conseguenza ovvia di quanto sopra, una sua misura oggettiva è il progressivo abbandono della lettura. Sempre di più l’Italia è un Paese che non legge.
Secondo un recente rapporto dell’Associazione degli editori negli ultimi 12 mesi il 38 per cento degli italiani tra i 15 e i 74 anni non ha comprato neppure un libro (e si può a ragione dubitare che ne abbia letto qualcuno), e sempre in questa fascia di età solo il 73 per cento dichiara di aver letto almeno un libro negli ultimi dodici mesi. In compenso il 77 per cento della popolazione fa uso di uno smartphone: praticamente quasi tutti coloro che hanno più di 15 anni (siamo il quinto Paese al mondo per diffusione di telefoni cellulari).
Ernesto Galli della Loggia – Corriere della Sera, 13 novembre 2025
«Il calciatore Lorenzi, la madre lo chiamava Veleno»

Cento anni fa nasceva il calciatore Benito Lorenzi, toscano di Borgo a Buggiano (Pistoia). Giocò nella squadra dell’Inter dal 1947 al 1958, segnando 143 reti in 314 partite e vincendo due scudetti nel 1953 e nel 1954. Soprannominato «Veleno» dalla madre, a causa delle sue monellerie adolescenziali, Lorenzi in campo, oltre a segnare, esibiva comportamenti bizzarri. Provocava gli avversari per farli espellere, e quando non bastava, puntava i gomiti nel loro costato, ficcava i tacchetti degli scarpini sui loro piedi. Fra i tanti episodi entrati nella mitologia del calcio che hanno Lorenzi come protagonista, menzione particolare merita un episodio, non certificato dalle cronache del tempo, legato al derby della Madonnina del 6 ottobre 1957: l’arbitro Lo Bello assegna un rigore a favore del Milan, e viene accerchiato dai calciatori nerazzurri che protestano. «Veleno», fulmineo, ne approfitta. Raccattato mezzo limone dalla panchina interista, si avvicina al dischetto e, fingendo di verificare la posizione del pallone, infila l’agrume, impedendo così al rigorista Tito Cucchiaroni di tirare in maniera pulita e segnare il gol del pareggio. A dispetto della sua cattiveria in campo, nella vita Lorenzi era una persona perbene e religiosa. All’arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini diceva che «il corpo peccava, lo spirito cattolico rimaneva nello spogliatoio». Mostrava affetto per Ferruccio e Sandro Mazzola, i figli di Valentino, il capitano del Grande Torino perito nel disastro di Superga del 4 maggio 1949, e li fece promuovere a mascotte retribuite dell’Inter. Si metteva le mani sugli occhi e piangeva come un bambino quando gli capitava di ricordare Lennart Skoglund, altro beniamino dei tifosi interisti, morto a 46 anni.
Lorenzo Catania – Corriere della Sera / Lettere, 13 novembre 2025
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