Parole della domenica, il bar Storico fiore all’occhiello dello stabilimento Tettuccio riconosciuto dall’Unesco

Ci sono luoghi che da soli sono un biglietto da visita straordinario per una città. Montecatini ne aveva parecchi, ora si racchiudono soprattutto nel Tettuccio, simbolo della Montecatini termale riconosciuta dall’Unesco.
All’interno dello stabilimento esistono luoghi splendidi come la sala di scrittura, la sala Portoghesi, il Regina e soprattutto il bar storico. Questo locale, molto apprezzato dai frequentatori del Tettuccio, nei giorni scorsi ha vissuto due eventi importanti: una serata con la presenza del procuratore Nicola Gratteri, ma soprattutto la giornata che l’Italia dedica ai locali storici. Il tema di questa quinta edizione è stata “La storia e il gusto” e l’invito è semplice e irresistibile: entrare dove la memoria profuma di caffè, il legno ha la brillantezza del tempo ben custodito e il menù parla la lingua dei secoli. Visite guidate, degustazioni e proposte speciali scandiscono una giornata che attraversa la Penisola e vede la Toscana tra i protagonisti più importanti.
In particolare, il Caffè Storico ha aperto le sue porte per una visita guidata gratuita, all’interno del circuito dei Locali Storici d’Italia. È stata un’occasione emozionante da vivere, grazie alla passione e professionalità del gestore Renzo con il suo staff e alla guida dello storico Roberto Pinochi ne conosce alla perfezione la storia e con grande generosità la condivide con il pubblico appassionato. Non è mancato il sindaco Claudio del Rosso che ha portato il saluto della città ai partecipanti.
Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura a tutti quelli che ci seguono.
(a cura di Mauro Lubrani)
Quando si usavano le schede telefoniche

Prima dei cellulari e degli smartphone, comunicare significava spesso andare in cerca di una cabina. E, prima ancora, di un gettone. Era un rito quotidiano, fatto di tasche piene di monete pesanti e della paura di rimanere senza spiccioli proprio sul più bello di una conversazione. A metà anni Settanta, la SIP – l’allora compagnia telefonica nazionale – decise di cambiare le regole del gioco: basta furti di monete, basta gettoni che sparivano dai distributori o cabine vandalizzate. Nel 1976 arrivò l’idea rivoluzionaria: una scheda telefonica prepagata.
Il principio era semplice: un rettangolino di cartoncino con una banda magnetica che conteneva un certo numero di “scatti” telefonici da 50 lire l’uno. Inserita dall’alto nella cabina, la scheda permetteva di parlare fino a esaurimento del credito. Se rimanevano scatti, la tessera veniva restituita; se finivano, invece, la cabina se la “mangiava”. Proprio questa caratteristica generò quella che molti ricordano come “ansia da scatti”: la paura che la chiamata si interrompesse all’improvviso e che la tessera sparisse per sempre nell’apparecchio.
La primissima scheda sperimentale, oggi mitica, fu testata a Roma, a Villa Borghese. Venne chiamata “Serie 0 – Precursoria SIDA”, dal nome dell’azienda di Montichiari che ne aveva sviluppato la tecnologia. Era bianca, con scritte blu e banda verticale, e conteneva appena quattro scatti da 50 lire. Un primato mondiale: l’Italia fu il primo Paese al mondo a inventare e usare le schede telefoniche.
Giuditta Avellina – SkyTG24 del 4 ottobre 2025
Il volontariato perde adesioni

Una persona tra i 45 e i 64, residente in una regione del Nord, che nel suo tempo libero si occupa di progetti ricreativi o culturali: questo è il profilo di chi fa volontariato in Italia secondo l’ultima rilevazione dell’Istat. Un’attività che, tuttavia, è sempre meno diffusa: tra il 2023 (anno a cui si riferiscono i dati), il 9,1% della popolazione italiana con più di 15 anni era attiva nel settore, un calo di 3,6 punti percentuali rispetto al 2013. Cultura, protezione civile e ambiente sono gli ambiti che negli ultimi anni hanno attratto più volontari: diminuisce invece la partecipazione in ambito religioso, sportivo e sanitario.
Secondo i dati raccolti dall’Istat, la maggioranza dei volontari si dedica ad attività organizzate attraverso associazioni o gruppi (6,2% della popolazione, ovvero circa 3,2 milioni di persone), ma una quota significativa offre aiuti diretti, in modo non organizzato (4,9%, circa 2,5 milioni). Sempre più diffusa è però la partecipazione ibrida: un volontario su cinque unisce entrambe le modalità, una tendenza in forte crescita rispetto al 2013, anno della prima rilevazione.
A livello anagrafico, la maggior parte delle persone che fa volontariato in Italia si concentra nella fascia che va dai 45 ai 64 anni, seguiti dagli over 65, che negli anni hanno mantenuto livelli di partecipazione stabili negli ultimi anni. I giovani, invece, mostrano il calo più netto: tra i 15 e i 24 anni il volontariato organizzato è sceso di oltre due punti percentuali rispetto al 2013, mentre tra i 25 e i 44 anni la contrazione è ancora più marcata.
Un dato interessante sul volontariato delle nuove generazioni riguarda la pandemia: molti giovani, in particolare studenti e residenti nei piccoli comuni, si sono attivati per la prima volta durante l’emergenza sanitaria, soprattutto nel Nord-ovest, l’area più colpita dalla prima ondata. Per loro si è trattato spesso di un impegno occasionale, legato a bisogni immediati, ma che ha rappresentato un canale di ingresso nel mondo del volontariato.
Roberta Cavaglià – SkyTG24, 28 settembre 2025
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