Parole della domenica, Giovanni premiato dal ministro Lollobrigida: l’Enoteca un esempio di resistenza contro il degrado di Montecatini

E’ l’immagine della resistenza di una Montecatini di alta qualità. Giovanni Rotti, storico titolare dell’Enoteca da Giovanni, è stato premiato dal ministro Lollobrigida come una delle eccellenze della nostra città.
Quello di Giovanni rimane uno dei migliori ristoranti – se non il migliore in assoluto – che da anni rappresenta una Montecatini che faceva dell’eleganza, della professionalità e dell’attenzione ai dettagli uno dei suoi biglietti da visita di prestigio.
Dall’Enoteca da Giovanni sono passati tutti i nomi degli ospiti più illustri di Montecatini, italiani e stranieri.
Anni fa, Silvio Berlusconi partecipò ad un pranzo e in quella occasione scrisse sopra un tovagliolo la sua strategia per vincere le elezioni politiche.
Tra l’altro, la forza di Giovanni è proprio in quello che riesce ad offrire alla sua clientela, perché il ristorante-enoteca si trova in una delle zone diventata oggi tra le più degradate di Montecatini. Eppure lui resiste e fa accoglienza di grande qualità.
Complimenti a Giovanni per quello che ha fatto e che continua a fare nel nome di Montecatini.
Come ogni settimana, ho cercato nel web e sui giornali altre storie per chi voglia leggere ma soprattutto per chi voglia riflettere.
Buona lettura a tutti quelli che ci seguono.
(a cura di Mauro Lubrani)
Per un pugno di alberi

Ho dato questo compito ai miei studenti: fare una passeggiata senza cellulare lungo un notissimo tragitto cittadino, parco compreso. Dovevano trovare: tre alberi diversi, un pozzo, un mercato, delle palle di cannone, una statua… e rimanere aperti a tutto ciò che sarebbe accaduto nel frattempo. È stato bello ascoltare lo stupore di chi si era accorto di quanta realtà contenga la realtà quando le diamo il tempo di accadere. E così c’è chi si è goduto la musica di un artista di strada, chi le prime caldarroste, chi la storia di un ambulante… e poi gli alberi di cui non avevano idea se non in astratto: lungo il tragitto ce ne sono almeno 30 tipi (dal tasso al ginkgo, dall’acero al liquidambar). Il concetto generico di albero si è popolato di singolarità e poi di nomi (letti sui cartelli del parco). Riuscire a dare del tu alle cose è l’unico modo di custodirle: non possiamo dire amico qualcuno di cui non conosciamo il nome e le caratteristiche che lo rendono unico. La violenza comincia sempre dall’eliminare l’unicità come dice Vasilij Grossman all’inizio del suo capolavoro: «Le izbe russe sono milioni, ma non possono essercene — e non ce ne sono — due identiche. Ciò che è vivo non ha copie. Due persone, due arbusti di rosa canina, non possono essere uguali, è impensabile… E dove la violenza cerca di cancellare varietà e differenze, la vita si spegne». (Vita e destino). Se la vita si spegne non dipende da lei ma dalla violenza, che inizia dalla disattenzione.
Alessandro D’Avenia – Corriere della Sera, 13 ottobre 2025
Il Vernacoliere sospende le pubblicazioni

Nell’annunciare una pausa di riorganizzazione del Vernacoliere, lo storico direttore e fondatore del mensile satirico Mario Cardinali ha rivolto ai collaboratori questo saluto che è insieme un augurio di poter continuare a vivere in libera dissacrante irriverenza.
O cari anzi carissimi collaboratori, o sparpagliata truppa d’eccelse firme del vignettare in satira mordace e d’altrettanto saettare in invettive scritte, o ultimi giapponesi d’una resistenza che ora la chiaman resilienza e ‘un ci si capisce più nulla nemmen lì, ascoltate!
No, non è Trump che vi parla, e neanche la Meloni. Son io, il Vernacoliere! Che nuntia vobis dolorem magnum, anzi magnissimo.
Nessuno è eterno. Neanche Mario Cardinali. Che dopo sessantacinque anni di Vernacoliere, arrivato alla soglia dei novant’anni (ci manca ormai un mucchiettino di mesi, grinzosi anche quelli), si sente francamente un po’ stanchino. Oddìo, stanchino… ciondola! Sì, il cervello è sempre vispo, ancora ce la fa a creare le sue famose locandine, respira anche. Ma sottosotto ciondola, e anche un po’ soprasopra.
Ragion per cui, prima di cominciare a perdere i pezzi verso la cascata finale, vi annuncio (passaggio alla prima persona, fateci caso) che dopo il numero di novembre il Vernacoliere sospende le pubblicazioni. In attesa – com’è d’uso attendere – di tempi migliori. Che sarebbe a dire o vediamo un po’ se dopo di me ci potrà essere qualcosa oltre il diluvio. Di menti valide ce n’è ancora parecchie nel gruppone che con me ha portato il nostro giornalaccio al record della durata satirica non solo in Italia ma qualcuno dice anche in Europa (lo conoscono perfino a Pottaland, ultimo luogo caldo della Terra).
E il mondo digitale è lì che attende, l’intelligenza c’è pronta anche artificiale…
O bimbi, ‘un dite nulla? Ma ci siete sempre? Non vi siete ancora sparati? E allora toh, vi aggiungo un altro buon motivo, per la fermata del Vernacoliere: c’è anche la crisi sempre più profonda della carta, a dettar la nuova legge dell’editoria. Quella dei giornali, soprattutto. Che quasi più nessuno legge, surclassati come sono dai social, coi telefonini a dettar legge ovunque, nuovi totem dell’indottrinamento in massa. E la pubblicità a pagare il tutto, ché tanto poi a pagare veramente è il solito Pantalone quando compra.
E anche per il Vernacoliere i costi ormai son arrivati a superar gl’incassi. Con le edicole che continuano a chiudere a migliaia in tutt’Italia, e quelle che ancora resistono si son ridotte a rivendite di gadget e giocattolini vari, e pare le vogliano perfino adibire a uffici postali e ricevitorie d’ogni tipo, un po’ come le tabaccherie. Non esclusa l’idea di piazzarci un confessionale, a confessar la colpa di voler leggere ancora.
Che poi leggere è una parola grossa. Coi quotidiani ormai ridotti a raccoglier la bava dei tanti laudatores a richiesta, con tanto giornalismo di leccaculi d’ogni tipo – e i culi più leccati son quelli di governo, non importa il colore, conta il finanziamento, – da leggere ci sono più che altro i bollettini di Stato o di Partito o d’Enti e Associazioni del gran gioco del potere. Oddìo, magari ti mettono al corrente delle decisioni dei Palazzi, con quei bollettini gabellati come giornalismo, ma è anche lì come con la pubblicità per il commercio, che sempre commercio di cervelli è.
E figurati se un giornalaccio come il Vernacoliere, che si è sempre piccato di voler seguitare a campare di sole vendite, senza finanziamenti o sovvenzioni o inserzioni pubblicitarie d’alcun tipo, può continuare a resistere senza uno stop per un respiro nuovo.
Coraggio, amici e collaboratori cari. Vediamo se dopo aver ripreso fiato ce la faremo una volta ancora. E per intanto pigliatevi, oltre all’abbraccio affettuoso, anche il mio sentitissimo grazie per quanto finora avete fatto, nel contribuire a tenere alto il prestigio d’una storica bandiera d’irriverenza satirica.
Con uno speciale ricordo per chi nel nostro gruppo non c’è più, mio fratello Umberto in particolare, per oltre trent’anni cuore e colonna della diffusione d’un foglio di libero pensiero.
Mario Cardinali
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