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MAGGIO 2007

      Vip del passato
       Venne a Montecatini per riposarsi e per rivedere i teatri in cui aveva iniziato la sua irresistibile carriera
     Toto', una vacanza di relax alle Terme

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Luca de Simone

Sono già passati 40 anni dalla scomparsa di Totò. Morì alle tre di notte del 15 aprile 1967. Anche per Totò, come per tanti altri artisti della sua epoca, Montecatini rappresentò una sorta di trampolino di lancio. Lui, ogni estate, si esibiva con la sua compagnia di avanspettacolo per il pubblico dei turisti delle Terme. La gente aveva voglia di allegria e con gli spettacoli di Totò, privi di significati particolari ma ricchi di esilaranti battute e di incomparabili scene di mimo si entusiasmava e rideva a crepapelle. E poi c'erano le ballerine, che facevano sgranare gli occhi ai ricchi industriali.
Quando tanti anni dopo tornò a Montecatini, ma questa volta - ormai ricco e famoso e al culmine della sua eccezionale carriera - non per lavoro ma in vacanza, volle andare a vedere come erano cambiati quei teatri dove si era esibito ed aveva raccolto applausi a scena aperta: il Verdi, Il Trianon, il Palazzo, il Kursaal.
Era accompagnato dalla giovane moglie Franca Faldini. Si ricordava della tranquillità e del relax che offriva questa città ai suoi ospiti e per lui era davvero l'ideale, visto che in quel periodo stava girando ben quattro film insieme:
La banda degli onesti, Totò lascia o raddoppia, Totò, Peppino e la Malalemmina, I fuorilegge. Nella sua carriera cinematografica ne avrebbe girati quasi cento e più e &endash; si calcola &endash; abbia avuto 270 milioni di spettatori, soltanto al cinema. Un record mai eguagliato. E moltiplicato dalle centinaia di passaggi televisivi dei suoi film.
La Faldini aveva saputo portare ordine anche alla sua turbolenta vita sentimentale. Totò si era sposato prima con Diana Rogliani e quindi con Isa Barzizza, soubrette e poi spalla in tanti suoi films, rapporti che non durarono per la sua gelosia e per i suoi numerosi tradimenti. L'ultima passione, la più travolgente Totò la ebbe per Silvana Pampanini, bellezza prorompente e popolare degli anni Cinquanta; ma durò pochissimi anni, per far posto nel suo cuore a Franca Faldini, alla quale, pochi istanti prima di morire, dedicò le sue ultime parole: «t'aggio voluto bene. Proprio assai».
Totò nacque il 15 febbraio 1898 nel rione Sanità col nome di Antonio Clemente. Sua madre, nel 1921, sposò Giuseppe de Curtis dalla cui relazione era nato Antonio. Nel 1928 de Curtis riconobbe Antonio come suo figlio. Nel 1933 il marchese Antonio de Curtis venne adottato dal marchese Francesco Gagliardi Foccas, e nel 1946 il tribunale di Napoli gli riconobbe il diritto a fregiarsi di una lunga sfilza di nomi e titoli: Antonio Griffo Focas Flavio Dicas Commeno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, altezza imperiale, conte palatino, cavaliere del sacro Romano Impero, esarca di Ravenna, duca di Macedonia e di Illiria, principe di Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e Durazzo.
Totò fece il suo debutto in teatro, in una regolare compagnia, nel 1928, a Napoli nei piccoli locali vicini alla ferrovia e nelle recite in provincia, insieme ai fratelli De Filippo. Fino al 1939 Totò si dedicò completamente all'avanspettacolo con varie compagnie che gravitarono tutte intorno alla sua persona. E puntualmente ogni anno, anche più volte, venne a recitare a Montecatini.
Nella vacanza del 1956 fu anche in vena di confidenze con le persone a lui vicine e, spesso, nelle sue parole prevaleva l'amarezza: «Sono ormai all'età in cui si tirano le somme e non ho fatto nulla. Sarei potuto diventare un grande attore, e invece su cento e più film che ho girato, ve ne sono di degni non più di cinque. Ma anche se fossi diventato un grande attore, cosa sarebbe cambiato? Noi attori siamo solo venditori di chiacchiere. Un falegname vale certo più di noi: almeno il tavolino che fabbrica resta nel tempo dopo di lui».
Dentro di sé aveva la profonda amarezza della persistente indifferenza della critica cinematografica e dei grandi registi, nonostante il crescente successo di pubblico, verso i suoi film. Dovettero passare altri dieci anni prima che qualcuno valorizzasse le grandi qualità umane e drammatiche di Totò. Fu Pier Paolo Pasolini che lo chiamò a interpretare, nel 1966,
Uccellacci e uccellini e Che cosa sono le nuvole. Sono poi venuti Napoli milionaria di De Filippo, Guardie e Ladri e I soliti ignoti di Monicelli, Dov'è la libertà di Rossellini e l'Oro di Napoli di De Sica. Ma successivamente sono state rivalutate pellicole che lo hanno restituito a nuova gloria, come: Fila e arena, Pepé le Mokò, Totò al giro d'Italia, Totò cerca casa.
Poche ma memorabili furono anche le presenze di Totò in televisione. La prima apparizione risalì a
«Il Musichiere» di Mario Riva nel 1958. L'incontro col presentatore fu molto affettuoso, dato che avevano lavorato insieme in riviste nei primi anni del dopoguerra, ma durante la trasmissione Totò si lasciò scappare un «Viva Lauro» (l'armatore e politico), che lasciò interdetto Mario Riva, il quale esclamò «Totò», e lui di rimando «A me piace Lauro...».
I dirigenti democristiani della Rai, visto che si era in prossimità delle elezioni politiche, non tollerarono che un personaggio così popolare come Totò inneggiasse al capo del partito monarchico, e per molti anni il Principe non fu più chiamato in televisione, se non per qualche rapida intervista. Nel 1966 - l'anno prima della sua morte - partecipò alla trasmissione di varietà più popolare di quel periodo:
Studio Uno, in cui ebbe una lunga performance con Mina, che cantò una sua canzone, e col fido Mario Castellani recitò una scenetta.
Venne poi la serie televisiva
«Tutto Totò» che ebbe il merito di raccogliere in extremis (il programma andò in onda pochi giorni dopo la morte) gran parte del suo repertorio teatrale.
Totò è stato anche autore di canzoni. La più famosa è senza dubbio
«Malafemmena» e per molto tempo si è creduto che avesse scritto solo questa. Invece, Antonio De Curtis di canzoni ne ha scritte quasi quaranta a partire dal 1951 senza contare quelle scritte per la rivista e l'avanspettacolo. Totò non conosceva la musica eppure delle sue canzoni spesso ha scritto testi e musica. Qualche anno fa, sono state ritrovate alcune canzoni inedite. Se «Malafemmena» è la canzone più conosciuta, tra le poesie è certamente «A livella», i cui primi versi sono apparsi nel 1953 in appendice del libro Siamo uomini o caporali? Il suo libro più famoso è appunto A livella, pubblicato nel 1964, che raccoglieva 26 poesie che Totò aveva scritto a partire dagli anni cinquanta. Un secondo libro dal titolo Dedicate all'amore venne pubblicato, in occasione del decennale della sua morte, per opera di Franca Faldini. Raccoglieva buona parte delle poesie che Totò aveva dedicato alla compagna con cui aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita e che aveva amato profondamente.

 

 

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