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LUGLIO 2016

      Vip del passato
       E' stato più volte ospite alle Terme: indimenticabile la sua presenza con la Loren
     De Sica e Montecatini: "C'eravamo tanto amati"

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Luca de Simone

A metà degli anni Trenta era già sicuramente uno degli attori più attesi dal pubblico dei turisti che frequentavano i teatri della città. Vittorio De Sica era diventato celebre nel cinema con i film girati sotto la regia di Comencini o quello da protagonista insieme ad Emma Grammatica e Nino Besozzi. In quegli anni Montecatini poteva contare su cartelloni di lusso nei suoi teatri: qui arrivavano le compagnie di Totò, di Petrolini, di Gilberto Govi. E De Sica era corteggiato per le sue qualità professionali, ma anche per la sua eleganza e la sua bellezza. Quando si recava negli stabilimenti termali veniva accolto da due ali di ammiratrici, anche se non faceva certo i suoi pavoneggianti giri per le cure termali.

In occasione di un suo recente spettacolo al Teatro Verdi, è stata consegnata una foto a Christian De Sica, che si riferisce alla rappresentazione di "Due dozzine di rose scarlatte" a cui prese parte suo padre Vittorio (al centro seduto) e l'allora sua moglie Giuditta Rissone (in piedi dietro De Sica).
Lo spettacolo, realizzato a scopo benefico, si tenne al Trianon all'epoca denominato Adriano, il 17 novembre 1939, con la collaborazione dei "Filodrammatici di Montecatini". Facevano parte della compagnia montecatinese Otello Parlanti, regista (il 1° in piedi a dx), Odo Biagini (il 3° in piedi da dx con i baffi), la giovanissima Dori Montagnani Dori. Nella foto ci dovrebbero essere anche Aladino Tommei, Ezio Tonfoni, Egisto Simoncini.
Vittorio de Sica e la seconda moglie Maria Mercader, madre di Christian, nell'immediato dopoguerra, hanno vissuto circa un anno a Montecatini in una villa in viale 4 Novembre nella zona dell’attuale Croce di Malta.
Una strada di artisti, se si pensa che vi hanno abitato Ruggero Leoncavallo, in quello che poi è stato il villino della famiglia Pampanini, e una famiglia napoletana imparentata con un De Filippo.
Vittorio De Sica tornò a Montecatini in diverse occasioni: nel 1955 si incontrò con Truman Capote, che era stato il curatore dei dialoghi in inglese del film Stazione Termini. Poi, tornò ancora con Sofia Loren per gli Incontri con il cinema, inaugurando gli speciali treni wagon-lit, che negli anni Sessanta collegavano direttamente Roma con Montecatini.
De Sica era nato il 7 luglio 1901 a Sora da Umberto, funzionario della Banca d’Italia, e da Teresa Manfredi, casalinga. Vittorio aveva con il padre un rapporto molto bello e a lui dedicò il film Umberto D. Vittorio, ad appena 15 anni, cominciò ad esibirsi come attore dilettante. Durante gli studi di ragioneria, ottiene piccole parti in film e spettacoli teatrali. Nel 1930 giunse al livello di primo attore, nel 1933 fondò una sua prima compagnia con Giuditta Rissone e Sergio Tofano. Si calcola che De Sica, tra il 1923 e il 1949, abbia preso parte ad oltre 120 rappresentazioni tra commedie, spettacoli di rivista e drammi in prosa.
La sua fama diventò mondiale come regista con il film Sciuscià (1946) premiato con l'Oscar. A questo seguì un altro capolavoro come Ladri di biciclette (1948). Fu lui a lanciare Sofia Loren e con il film Matrimonio all'italiana ottenne un secondo Oscar (1963).
Per Cesare Pavese, Vittorio De Sica era "il più grande narratore del Novecento". Professionista della comicità e della malinconia, della commozione e del contrasto drammatico, Vittorio De Sica ha interpretato 170 film, un'enormità, e ne ha diretti 35. E ha vissuto almeno tre vite.
E' stato l'attore giovane più bello e più popolare degli anni Trenta, un Cary Grant del cinema italiano: vide diminuire la sua popolarità solo nel momento in cui il fascismo cominciò a imporre un modello di italiano più eroico e autoritario, a cui lui assomigliava poco. Allora si riciclò come regista.
Dapprima di commedie leggere, poi di film sempre più complessi, vivi, magmatici, che iniziarono la grande avventura del neorealismo. Anticipata nel 1943, con "I bambini ci guardano". E percorsa tutta intera, con "Sciuscià" e "Ladri di biciclette", che cambiò il cinema non solo italiano, ma mondiale. La terza vita di De Sica fu quella di attore del dopoguerra. Una presenza che, da sola, bastava a riempire un film.
«Il mio regista più amato? Vittorio De Sica. Se non fosse stato per lui, non avrei neanche fatto l'attrice». Parola di Gina Lollobrigida. E' ancora una Bersagliera, con quel guizzo adolescente che la faceva correre su e giù per i saliscendi di un'Italia contadina e terrosa, con De Sica dietro, ansimante. «De Sica mi ha pregato di fare Pane, amore e fantasia quando io non credevo di fare l'attrice, da grande. Avevo fatto qualche partecipazione, sì, qualche piccolo film, ma niente in cui dovessi mettermi in gioco. E invece, arrivò de Sica e mi disse: dai, Gina, metti tutta la tua vitalità in questo personaggio! Solo tu lo puoi fare... Mi convinse, e sono qui».
«De Sica era un uomo meraviglioso, dal quale si imparava in ogni istante. Era un grandissimo signore, un grande attore, un regista formidabile. Ed era uno straordinario narratore di aneddoti, uno che teneva sempre tutta la troupe su di giri,era un umorista instancabile. Alcuni dei migliori momenti della mia vita sono legati a Vittorio».
Alberto Sordi raccontò: "Era il mio attore preferito. Io faccio questo lavoro perché lo amo, e perché amavo veder recitare. Ma era umiliante, mi cacciavano dappertutto.
Allora andavo a teatro, per vedere come recitavano gli altri. Andavo con la clac, che si pagava solo una lira, e bisognava applaudire… E' stato De Sica a scoprirmi. Quando facevo la radio, il compagnuccio della parrocchietta, lui veniva in teatro a sentirmi. Un giorno mi ha detto: 'Facciamo qualcosa insieme?'. Diventammo amici, e fu la grande svolta della mia vita. Abbiamo fatto tanti film insieme, 'Il boom', 'Il giudizio universale', 'Il conte Max', e poi 'Un italiano in America'. .
Vittorio De Sica fu anche un apprezzato cantante, interprete di tutto il repertorio napoletano. Negli anni seguenti, divenuto attore, incise numerose versioni dei classici napoletani e venne definito "che cantava come soltanto un napoletano sa cantare". La sua interpretazione più nota, tuttavia, resterà Munasterio ‘e santa Chiara. Molto attivo anche sul piccolo schermo, sebbene non lo amasse molto, partecipò a diverse trasmissioni statunitensi e italiane di intrattenimento leggero.
Era nota la sua grande passione per il gioco, per la quale si trovò a volte a perdere somme anche ingenti, e che probabilmente spiega qualche sua partecipazione a pellicole non alla sua altezza[6]. Una passione che non nascose mai e che anzi riportò, con grande autoironia, in diversi suoi personaggi cinematografici.
Vittorio De Sica sposò nel 1937, ad Asti, l'attrice torinese Giuditta Rissone, che aveva conosciuto dieci anni prima e dalla quale l'anno dopo ebbe la figlia Emilia. Nel 1942, sul set del film Un garibaldino al convento conobbe l'attrice catalana Maria Mercader, con la quale andò in seguito a convivere. Dopo il divorzio dalla Rissone, ottenuto in Messico nel 1954, si unì con l'attrice catalana in un primo matrimonio nel 1959, sempre in Messico ma l'unione fu ritenuta "nulla" perché non riconosciuta dalla legge italiana; nel 1968 ottenne la cittadinanza francese e si sposò con Maria Mercader a Parigi. Da lei aveva nel frattempo avuto due figli: Manuel nel 1949, musicista e Christian nel 1951, che seguirà le sue orme come attore e regista.
Seppur divorziato, De Sica non seppe mai rinunciare alla sua prima famiglia. Avviò così un doppio ménage, con doppi pranzi nelle feste e uno stress notevole. Si racconta che alla Vigilia e all'ultimo dell'anno mettesse l'orologio avanti di due ore in casa della Mercader per poter brindare alla mezzanotte. La prima moglie accettò di mantenere una routine di matrimonio apparente pur di non togliere alla figlia la figura paterna.
Vittorio De Sica si spense il 13 novembre 1974, a 73 anni, in seguito a un intervento chirurgico all'ospedale di Neuilly-sur-Seine, presso Parigi; nello stesso anno, Ettore Scola gli dedicò il suo capolavoro C'eravamo tanto amati.

 

 

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